Ne ha dato notizia con un tweet il 18th Space Defense Squadron della US Space Force.
In accordo con quanto dichiarato dal giornalista Anatoly Zak, che gestisce il sito web russianspaceweb.com, l'oggetto n. 32398 era un motore di un razzo che ha aiutato a portare in orbita tre satelliti russi GLONASS nel 2007.
I GLONASS decollarono in cima a un razzo russo Proton, il cui stadio superiore aveva due piccoli "motori a vuoto" (motori a razzo relativamente piccoli e alimentati in modo indipendente che possono essere azionati prima dell'accensione del motore principale, quando il veicolo si trova in una situazione di gravità zero). Questi accelerano leggermente gli stadi del razzo principale, per garantire che il carburante dei booster finisca correttamente nei serbatoi per il riavvio del motore in orbita, ha spiegato in una serie di tweet l'astrofisico Jonathan McDowell, dell'Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics. Detti SOZ (Sistema Obespecheniya Zapuska), attualmente ce ne sono 64 abbandonati nell'orbita terrestre.
"I motori SOZ non consumano tutto il loro propellente quando sparano. E hanno la sfortunata tendenza a esplodere anni o decenni dopo, lasciando un mucchio di detriti in un'orbita altamente ellittica. Almeno 54 motori SOZ sono ora esplosi", ha twittato McDowell.
Il motore SOZ appena esploso aveva corso intorno alla Terra su un'orbita altamente ellittica, arrivando fino a 388 chilometri e fino a 19.074 chilometri, McDowell ha detto in un altro tweet, osservando che "il i detriti impiegheranno un bel po' a rientrare".
Questi frammenti si vanno ad aggiungere alla grande flotta della spazzatura spaziale che circonda la Terra.
L'ESA stima che circa 36.500 frammenti di detriti larghi almeno 10 centimetri stiano attualmente sfrecciando sopra le nostre teste. E l'orbita terrestre probabilmente ospita circa 1 milione di oggetti con diametri compresi tra 1 e 10 centimetri.
La Russia aveva già contribuito con un test anti-satellite nel novembre 2021, generando un nuovo campo di detriti nello stesso quartiere orbitale della Stazione Spaziale Internazionale (ISS).