L'Universo iniziò 13,8 miliardi di anni fa ed una straordinaria fonte di informazione sulla sua storia è nascosta nel fondo cosmico a microonde, la radiazione residua polarizzata proveniente dalle fasi iniziali della sua nascita, nota come radiazione cosmica di fondo, o CMB (Cosmic Microwave Background). Un'eredità cosmica della luce emessa solo 380.000 anni dopo il Big Bang, quando l'Universo si era raffreddato abbastanza da permettere ai fotoni di viaggiare liberamente attraverso lo spazio. Ma gli astronomi cercano sempre di guardare ancora più indietro nel tempo nella speranza di trovare la firma di quella breve espansione accelerata che, secondo la teoria corrente, l'Universo sperimentò subito dopo l'istante zero. Questi eventi avrebbero lasciato una traccia nota come polarizzazione primordiale B impressa nei fotoni che vediamo oggi, generata dalle enormi onde gravitazionali, increspature nel tessuto dello spazio-tempo, provenienti da un periodo estremamente precoce nella vita dell'Universo, conosciuto come Inflazione.
Questa, però, non è l'unica perturbazione rimasta impressa nei fotoni che conservano anche le informazioni circa la loro ultima interazione con la materia sotto forma di due possibili stati di polarizzazione: il cosiddetto stato "elettrico", o E-mode, generato dalle perturbazioni scalari di densità, associato all'asintropia CMB (fluttuazioni d'intensità nella CMB, osservabili a diverse scale, corrispondenti a galassie, ammassi e superammassi); e lo stato "magnetico", o B-mode, risultato dell'influenza gravitazionale delle stelle, delle galassie e di oggetti massicci attraverso i quali la luce ha viaggiato (lensing gravitazionale).

La storia, quindi, è piuttosto complessa.
"La ricerca del segnale unico degli arbori dell'Universo è così difficile come emozionante, dato che è così debole e nascosto nella CMB che a sua volta rappresenta solo una piccola percentuale della flebile luce totale", spiega Jan Tauber , scienziato della missione Planck all'ESA.

A marzo 2014, un team di astronomi del Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics, guidato da John Kovac, presentò i risultati dell'esperimento BICEP2 (Background Imaging of Cosmic Extragalactic Polarization), condotto presso il South Pole Telescope (SPT).
L'annuncio di aver trovato le impronte delle onde gravitazionali primordiali portò a molte discussioni nella comunità scientifica che, fin da subito, accolse con diffidenza lo studio. Principalmente, i dubbi nascevano dal fatto che ci sarebbe un altro elemento in gioco in grado di produrre un effetto simile: la polvere interstellare presente nella Via Lattea.
Queste innumerevoli particelle rimangono intrappolate ed allineate nei campi magnetici che attraversano la nostra Galassia, emettendo luce con qualità direzionale ed imprimendo sulle mappe della polarizzazione del cielo a microonde una firma del tutto simile a quella prevista per le onde gravitazionali primordiali, ammesso che il modello inflazionistico sia corretto. Un segnale comunque forte, in grado di contaminare i risultati.

"Quando abbiamo rilevato questo segnale nei nostri dati, ci siamo basati su modelli d’emissione di polvere galattica disponibili in quel momento", ha spiegato John Kovac, principal investigator di BICEP2 all'Università di Harvard, negli Stati Uniti. "Modelli che sembravano indicare che la regione di cielo scelta per le osservazioni presentava un contributo in polarizzazione dalla polvere assai inferiore al segnale da noi rilevato".

Il lavoro del team Harvard-Smithsonian, però, era stato necessariamente limitato dalle caratteristiche di BICEP2 che, come il Keck Array che aveva studiato la stessa porzione di cielo, lavora ad una singola frequenza a microonde, rendendo difficile separare le emissioni provenienti dalla Via Lattea con quelle della CMB. Planck, invece, ha una copertura spettrale ampia.

Planck osserva il cielo in nove canali di frequenza a microonde e sub-millimetriche, sette dei quali dotati di rivelatori sensibili alla polarizzazione. Così, non appena le nuove mappe sull'emissione polarizzata dalla polvere galattica furono rilasciate, fu chiaro che il suo contributo non era da sottovalutare.
A settembre 2014, Planck dimostrava che l'emissione polarizzata dalla polvere è significativa sull'intero cielo e paragonabile al segnale rilevato dal BICEP2 anche nelle regioni più pulite.

Alla luce dei nuovi fatti, le squadre, Planck, BICEP2 e Keck Array unirono le forze per cercare di risolvere il mistero.

"Questo lavoro congiunto ha dimostrato che l'individuazione dei B-mode primordiali non è così solida, una volta che il segnale dell'emissione della polvere galattica viene rimosso", ha affermato Jean-Loup Puget, ricercatore principale dello strumento HFI di Planck presso l'Institut d'Astrophysique Spatiale di Orsay, Francia. "Così purtroppo, non siamo stati in grado di confermare che quel segnale rappresenta davvero un’impronta dell’inflazione cosmica".

In realtà però, i risultati non sono stati del tutto negativi.
Lo studio ha visto nuovamente il segnale B-mode (quello dovuto al lensing gravitazionale), rilevato dal South Pole Telescope nel 2013.
Per quanto riguarda le tracce del periodo inflazionistico, invece, la questione rimane aperta ma "anche se non abbiamo trovato una forte evidenza di un segnale da onde gravitazionali primordiali nelle migliori osservazioni di polarizzazione CMB attualmente disponibili, questo non esclude l'Inflazione", ha spiegato Reno Mandolesi, ricercatore principale dello strumento LFI su Planck dell'Università degli Studi di Ferrara. Inoltre, "abbiamo comunque avuto l'ennesima conferma delle eccezionali capacità di Planck che ha permesso di giungere ad una conclusione condivisa".

Analisi congiunta BICEP2 / Keck Array / Planck è stata presentata dalla rivista Physical Review Letters e si basa sulle osservazioni della polarizzazione CMB su una patch 400 gradi quadrati di cielo. Le frequenze di copertura di Planck vanno dai 30 GHz ai 353 GHz, mentre i dati di Keck Array e BICEP2 sono stati presi ad una frequenza di 150 GHz.
Lo studio "A Joint Analysis of BICEP2/Keck Array and Planck Data" è disponibile in formato pdf.

Riferimenti:
- http://phys.org/news/2015-01-planck-gravitational-elusive.html- http://www.media.inaf.it/2015/01/30/bicep-planck-big-bang/