Scritto: Domenica, 20 Novembre 2022 06:25 Ultima modifica: Domenica, 20 Novembre 2022 06:45

Forse abbiamo già visto un wormhole


Gli ipotetici ponti che collegano regioni distanti dello spazio e del tempo potrebbero più o meno assomigliare ai buchi neri, dicono gli scienziati. Il che significa che potremmo già averli rilevati senza saperlo.

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Forse abbiamo già visto un wormhole
Crediti: JohnsonMartin / commons.m.wikimedia.org

Secondo la teoria della relatività generale di Einstein, così come nell'universo esistono profonde fosse gravitazionali dove nulla sfugge, si possono formare singolarità dove nulla può entrare, ipotetiche regioni luminose che eruttando flussi di particelle e radiazioni che non riescono a tornare indietro. Di fatto, però, questi "buchi bianchi" non sono mai stati osservati.

Negli anni '30 del secolo scorso, Nathan Rosen, collega di Einstein, dimostrò che lo spaziotempo profondamente curvo di un buco nero poteva connettersi alle cime scoscese di un buco bianco per formare una sorta di ponte, un cunicolo spazio-temporale (o wormhole) attraverso il quale si potrebbero "agevolmente" attraversare le grandi distanze del cosmo. Quindi, un gruppo di fisici dell'Università di Sofia in Bulgaria, ha cercato di determinare come questa sorta di tunnel potrebbe apparire agli osservatori terrestri, come l'Event Horizon Telescope. Il nuovo modello semplificato della "gola" di un wormhole, basato su un anello fluido magnetizzato in orbita nel piano equatoriale, ha consentito di formulare varie ipotesi su come la materia (rilevabile) si comporterebbe in prossimità del passaggio.

Lo studio è stato pubblicato su Physical Review D.


Alla base del modello

Nel nuovo articolo, il team, composto da Valentin Deliyski, Galin Gyulchev, Petya Nedkova e Stoytcho Yazadjiev, ha studiato la polarizzazione lineare prodotta dai dischi di accrescimento, le formazioni rotanti di materia visibili intorno ai buchi neri e altri oggetti astronomici, costituite principalmente da gas, plasma o polvere stellare. La squadra ha cercato firme specifiche nelle proprietà di polarizzazione di queste formazioni, sperando che potessero aiutare a determinare la differenza tra i buchi neri e qualsiasi wormhole candidato.

Lo studio si è basato sull'analisi di regioni dello spazio sospette in cui potrebbero essere in agguato tunnel spaziotemporali, comprendenti vari angoli di inclinazione rispetto a immagini indirette caratterizzate da una forte lente gravitazionale e, infine, immagini che mostrano radiazioni polarizzate che "raggiungono l'asintotico osservatore attraverso la gola del wormhole". Questi dati sono stati quindi confrontati con uno dei tipi più semplici di buchi neri, noto come buco nero di Schwarzschild. Concettualizzati per la prima volta da Karl Schwarzschild nel 1915, poco dopo che Einstein svelò la sua teoria della relatività generale, descrivono delle singolarità con una massa ma senza carica elettrica o spin. La comparazione ha permesso al team di produrre un nuovo modello semplificato della gola di un ipotetico wormhole, grazie al quale è possibile predire il diverso comportamento della materia che lo circonda rispetto a quella che viene risucchiata in un buco nero.

 

La chiave è la polarizzazione

Le particelle intrappolate nel vortice furioso del wormhole produrrebbero potenti campi elettromagnetici che rotolerebbero e si spezzerebbero secondo schemi prevedibili, polarizzando qualsiasi luce emessa dal materiale riscaldato con una chiara firma. D'altra parte, è stato proprio il tracciamento delle onde radio polarizzate che ci ha fornito le prime straordinarie immagini dei buchi neri M87* nel 2019 e Sagittarius A* all'inizio di quest'anno. Ma sarebbe difficile distinguere il bordo di un tipico wormhole dalla luce polarizzata emessa dal vorticoso caos che circonda un buco nero, dicono gli autori. In pratica, secondo questa logica, M87* potrebbe benissimo essere un wormhole a nostra insaputa. In effetti, estendendo il concetto, i wormhole potrebbero essere in agguato alla fine dei buchi neri ovunque. Tuttavia, con un po' di fortuna, una lente gravitazione molto efficiente, su un wormhole candidato, potrebbe mettere in risalto le sottili differenze. Oppure potremmo essere così fortunati da individuare un wormhole con l'angolazione perfetta e vedere la luce che viaggia attraverso il suo ingresso verso di noi. In particolare, i ricercatori descrivono che "le radiazioni dalla regione attraverso la gola del wormhole portano alla formazione di una struttura aggiuntiva di immagini ad anello", che può essere distinta per le sue "peculiari proprietà di polarizzazione".

In altre parole, le combinazioni uniche delle firme descritte dal team, basate sul nuovo modello, potrebbero essere di grande aiuto nel rilevare quali buchi neri si stanno comportando come wormhole
I ricercatori stanno già lavorando a un'ulteriore modellazione potrebbe rivelare altre caratteristiche delle onde luminose per setacciare i wormhole nel cielo notturno senza la necessità di lenti o angoli perfetti.

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Letto: 814 volta/e Ultima modifica Domenica, 20 Novembre 2022 06:45

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Elisabetta Bonora

Nella vita lavorativa mi occupo di web, marketing e comunicazione, digital marketing. Nel tempo libero sono un'incontenibile space enthusiast e mamma di Sofia Vega.
Mi occupo di divulgazione scientifica, attraverso questo web, collaborazioni con riviste del settore e l'image processing delle foto provenienti dalle missioni robotiche. Appassionata di astronomia, spazio, fisica e tecnologia, affascinata fin da bambina dal passato e dal futuro. Nel 2019 è uscito il mio primo libro "Con la Cassini-Huygens nel sistema di Saturno" (segui su LinkedIn le mie attività professionali).
Amo le missioni robotiche inviate nel nostro Sistema Solare "per esplorare nuovi mondi, alla ricerca di nuove forme di vita, per arrivare là dove nessuno è mai giunto prima!" ...Ovviamente, è chiaro, sono una fan di Star Trek!

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