Romanovskaya propone di utilizzare i cosiddetti pianeti canaglia, o solitari, ossia gli esopianeti orfani che vagano nello spazio e non orbitano attorno ad alcuna stella. La maggior parte viene probabilmente espulsa dai propri sistemi solari a causa di eventi gravitazionali, mentre altri potrebbero formarsi per accrescimento, come fanno le stelle.
"Propongo che le civiltà extraterrestri possano utilizzare pianeti fluttuanti come trasporto interstellare per raggiungere, esplorare e colonizzare i sistemi planetari", scrive. E, queste civiltà extraterrestri potrebbero lasciare firme tecnologiche e artefatti durante il processo di migrazione: "Propongo possibili tecnofirme e artefatti che potrebbero essere prodotti da civiltà extraterrestri utilizzando pianeti fluttuanti per la migrazione interstellare e la colonizzazione interstellare, nonché strategie per la ricerca delle loro tecnofirme".

Lo studio è stato pubblicato sul Journal of Astrobiology.

Riuscire a intraprendere un viaggio interstellare non è solo una questione di esplorazione perché tra circa 5 miliardi di anni, diventerà anche un motivo di sopravvivenza per la specie umana. Allora, il Sole, la nostra stella, lascerà la sequenza principale e diventerà una gigante rossa che consumerà Mercurio, Venere, probabilmente la Terra e forse anche Marte.

Utili canaglie

È possibile che pianeti canaglia, sparsi nella Via Lattea o in alcune delle altre centinaia di miliardi di galassie, nascondano la vita in mondi oceanici sotterranei, riscaldati dal decadimento radioattivo endogeno. Se questi mondi, ad un certo punto, venissero catturati gravitazionalmente in un sistema stellare, allora potremmo dire che quella vita ha effettivamente utilizzato un pianeta canaglia per viaggiare nello spazio e raggiungere nuove destinazioni. Questo stesso concetto, secondo Romanovskaya, potrebbe essere imitato da una civiltà extraterrestre tecnologicamente avanzata. Secondo la ricercatrice, infatti, "i pianeti fluttuanti possono fornire una gravità superficiale costante, grandi quantità di spazio e risorse", scrive Romanovskaya. "I pianeti liberi con oceani superficiali e sotterranei possono fornire acqua come risorsa di consumo e per la protezione dalle radiazioni spaziali". Una civiltà avanzata potrebbe anche "progettare il pianeta per un vantaggio maggiore, guidandolo e sviluppando fonti di energia". Romanovskaya suggerisce che se siamo sul punto di usare la fusione nucleare controllata, allora alieni evoluti potrebbero già utilizzarla, il che potrebbe trasformare un gelido pianeta canaglia in qualcosa che potrebbe sostenere la vita.

L'autrice delinea quattro scenari in cui gli extraterrestri potrebbero trarre vantaggio dai pianeti canaglia.
Il primo scenario coinvolge un pianeta canaglia che passa accanto al pianeta natale di una civiltà extraterrestre. La frequenza con cui ciò potrebbe accadere è legata al numero di pianeti canaglia in generale. Finora non sappiamo quanti siano ma ce ne sono sicuramente alcuni. Nel 2020, uno studio ha suggerito che potrebbero essercene fino a 50 miliardi nella nostra galassia e nel 2021 un team di ricercatori ha annunciato la scoperta un altro gruppo tra 70 e 170 pianeti canaglia, ciascuno delle dimensioni di Giove. Inoltre, uno studio del 2015 ha mostrato che la stella binaria W0720 (la stella di Scholz) è passata attraverso la Nube di Oort del nostro Sistema Solare circa 70.000 anni fa dimostrando, implicitamente, che alcuni oggetti possono passare relativamente vicini a un mondo abitato (in questo caso la Terra).

Il secondo scenario prevede l'uso della tecnologia per guidare un pianeta canaglia più vicino al proprio pianeta.
Gli ET potrebbero scegliere un oggetto dalla propria nube di Oort, ammesso il loro sistema ne abbia una, e utilizzare un qualche tipo di propulsione per dirigerlo verso un'orbita sicura, vicino al proprio mondo. Potrebbero adattare l'oggetto alle loro esigenze, ad esempio costruendo rifugi sotterranei e altre infrastrutture. Forse, con una tecnologia adeguata, potrebbero alterare o creare un'atmosfera.

Il terzo scenario è simile al secondo ma coinvolge un oggetto del Sistema Solare esterno.
Romanovskaya usa il pianeta nano Sedna nel nostro Sistema Solare come esempio. Sedna ha un'orbita altamente eccentrica che lo porta da 76 UA (Unità Astronomiche) dal Sole a 937 UA in circa 11.000 anni. Con la tecnologia adeguata, un oggetto come Sedna potrebbe essere trasformato in una sorta di astronave di salvataggio. La ricercatrice osserva che "le civiltà in grado di farlo sarebbero civiltà avanzate che hanno già esplorato i loro sistemi planetari a distanze di almeno 60 UA dalle loro stelle ospiti".

Invece, il quarto scenario implica che, quando una stella lascia la sequenza principale e si espande, c'è una distanza critica in cui gli oggetti verranno espulsi dal sistema invece di rimanere legati gravitazionalmente alla stella morente. Se una civiltà avanzata fosse in grado di determinare con precisione quando questi oggetti verrebbero espulsi come pianeti canaglia, potrebbe prepararsi e prepararli in anticipo e usarli per una fuga dal sistema stellare morente.

In tutti questi scenari, il pianeta canaglia, o altro corpo che sia, non è una casa permanente; è una scialuppa di salvataggio. I pianeti fluttuanti sono isolati e hanno meno risorse rispetto ai pianeti in un sistema stellare. Non ci sono asteroidi per estrarre materie prime, per esempio, e nessuna energia solare disponibile. Non ci sono stagioni, non ci sono notti e non ci sono giorni. Non ci sono piante, animali e nemmeno batteri. Sono semplicemente un mezzo per raggiungere un fine. 
"Una civiltà di autostoppisti cosmici agirebbe come una 'civiltà genitoriale' diffondendo i semi delle 'civiltà figlie' sotto forma di colonie nei sistemi planetari", scrive. "In questo modo, la civiltà genitoriale può creare civiltà figlie uniche e autonome che abitano diversi pianeti, lune o regioni dello spazio".

Scienza o fantascienza?

Sicuramente queste idee affascinanti sembrano più una narrazione fantascientifica che un piano praticabile per salvare l'umanità. Ad oggi, ancora non abbiamo ben compreso come difenderci dagli asteroidi potenzialmente pericolosi e non siamo ancora in grado di gestire il clima del nostro pianeta. E, ancor meno, siamo in grado di sopravvivere per lunghi periodi nello spazio. Ma secondo la Romanovskaya questa teoria potrebbe essere un suggerimento per cercare vita extraterrestre. Tutta questa attività, infatti, potrebbe produrre firme tecnologiche e artefatti che indicavano la presenza di una civiltà extraterrestre.

L'Osservatorio Vera Rubin dovrebbe entrare in funzione entro il 2023. Osserverà l'intero cielo ogni poche notti e lo farà nei minimi dettagli. Ospita la più grande fotocamera digitale mai realizzata: un CCD da 3,2 Gigapixel.
Il Vera Rubin sarà particolarmente adatto per rilevare i transitori, cioè tutto ciò che cambia posizione o luminosità in un paio di giorni. Perciò, avrà buone possibilità di individuare eventuali intrusi, come i pianeti canaglia, che potrebbero avvicinarsi al nostro Sistema Solare.
C'è una forte possibilità che alcuni di questi mostrino emissioni insolite o fenomeni sconosciuti.