Scritto: Sabato, 07 Maggio 2022 05:21 Ultima modifica: Sabato, 07 Maggio 2022 06:34

Una bolla magnetica per proteggere gli astronauti dalle radiazioni


Un nuovo progetto sfrutta gli ultimi progressi nella tecnologia dei magneti superconduttori per proteggere efficacemente i veicoli spaziali, e gli astronauti all'interno, dalle radiazioni spaziali dannose.

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Una bolla magnetica per proteggere gli astronauti dalle radiazioni
Crediti: Elena D’Onghia

Raggiungere Marte e viaggiare ancora più lontano è sempre stato un sogno dell'umanità ma, nonostante i progressi e i grandi sforzi di compagnie primate coma la SpaceX, una lunga missione esporrebbe gli astronauti a livelli di radiazioni troppo elevati e nocivi. Esistono due tipi di radiazioni che causano problemi ai voli spaziali umani di lunga durata: i protoni energetici solari, che arrivano a raffica a seguito di un brillamento solare; i raggi cosmici galattici, che, sebbene non letali come i brillamenti solari, sarebbero una radiazione di fondo continua a cui l'equipaggio sarebbe esposto. In un veicolo spaziale non schermato, entrambi provocherebbero problemi di salute significativi o la morte dell'equipaggio. Sulla Terra, il campo magnetico del nostro pianeta devia i raggi cosmici e un'ulteriore misura di protezione viene fornita dalla nostra atmosfera che assorbe le radiazioni cosmiche che si fanno strada attraverso la magnatosfera. Pertanto, finora gli scienziati hanno cercato un modo di progettare un campo magnetico che avvolgesse un veicolo spaziale come la magnetosfera fa con la Terra ma progettare tali scudi, funzionanti e non siano eccessivamente pesanti, è una bella sfida. Ora, però, l'idea chiamata CREW HaT (Cosmic Radiation Extended Warding using the Halbach Torus), che ha ricevuto i finanziamenti del NIAC (Innovative Advanced Concepts) della NASA , potrebbe garantire una svolta.

"Ci è venuta una nuova idea su come proteggere le astronavi dalle radiazioni cosmiche e dalla radiazione solare energetica", ha affermato la dott.ssa Elena D'Onghia, professoressa associata presso il Dipartimento di Astronomia dell'Università di Wisconson-Madison e ricercatrice principale per CREW HaT. "Utilizziamo la nuova tecnologia del nastro superconduttivo, un design dispiegabile e una nuova configurazione per un campo magnetico che non è stato esplorato prima".

"Hat", che rende l'acronimo anche molto simpatico (CREW HaT letteralmente, cappello da equipaggio), sta per Halbach Torus, che è una serie di magneti che crea un campo più forte su un lato ma ridotto sull'altro. 
D'Onghia e il collaboratore Paolo Desiati del Wisconsin Icecube Particle Astrophysics Center (WIPAC) hanno ideato un progetto per bobine magnetiche leggere, dispiegabili e meccanicamente attivate da una nuova generazione di nastri superconduttori ad alta temperatura.

"Questa configurazione produce un campo magnetico esterno potenziato che devia le particelle di radiazione cosmica, integrato da un campo magnetico soppresso nell'habitat dell'astronauta", ha scritto il team nell'abstract del NIAC.
"La geometria che proponiamo crea un campo magnetico all'esterno del veicolo spaziale ma non all'interno, quindi gli astronauti non sono esposti", ha detto D'Onghia. “Le proposte precedenti prevedevano il campo magnetico abbastanza vicino al veicolo spaziale e questo avrebbe causato problemi perché i campi magnetici possono generare piogge di particelle secondarie, come i neutroni, che possono essere dannose per gli astronauti. Il nostro concetto suggerisce un campo magnetico aperto che si estende nello spazio”.

C'è da sottolineare che questo progetto potrebbe essere realizzabile solo grazie agli importanti progressi nel campo dei superconduttori che sono diventanti anche meno ingombrati.
"Negli ultimi anni ci sono stati superconduttori di nuova generazione (come ReBCO, che prevediamo di utilizzare) con una temperatura critica elevata", ha affermato D'Onghia. "Quei superconduttori sono molto leggeri (sembrano un nastro) e meno costosi e potrebbero essere un vero punto di svolta per questo progetto". I progetti precedenti che includevano bobine magnetiche pesavano fino a 300 tonnellate per ciascuna bobina. Mentre il progetto di D'Onghia e colleghi prevede di utilizzare otto bobine da 3 tonnellate ciascuna. Ma il team stanno ancora lavorando per ottimizzare il design. "Dobbiamo ancora ridurre il peso e lavorare sull'utilizzo di nuovi materiali", ha affermato D'Onghia

Il team ritiene che il loro design possa deviare oltre il 50% dei raggi cosmici dannosi per la biologia (protoni inferiori a 1 GeV) e ioni ad alta energia Z. Questo tasso sarebbe sufficiente per ridurre la dose di radiazioni assorbita dagli astronauti a un livello inferiore al quel 5% in eccesso responsabile del rischio di mortalità per cancro stabilito dalla NASA.

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Elisabetta Bonora

Nella vita lavorativa mi occupo di web, marketing e comunicazione, digital marketing. Nel tempo libero sono un'incontenibile space enthusiast e mamma di Sofia Vega.
Mi occupo di divulgazione scientifica, attraverso questo web, collaborazioni con riviste del settore e l'image processing delle foto provenienti dalle missioni robotiche. Appassionata di astronomia, spazio, fisica e tecnologia, affascinata fin da bambina dal passato e dal futuro. Nel 2019 è uscito il mio primo libro "Con la Cassini-Huygens nel sistema di Saturno" (segui su LinkedIn le mie attività professionali).
Amo le missioni robotiche inviate nel nostro Sistema Solare "per esplorare nuovi mondi, alla ricerca di nuove forme di vita, per arrivare là dove nessuno è mai giunto prima!" ...Ovviamente, è chiaro, sono una fan di Star Trek!

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