"Dal primo rapporto di valutazione (AR) dell'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) nel 1990, stimiamo che il numero di studi relativi agli impatti climatici osservati, pubblicati ogni anno, sia aumentato di oltre due ordini di grandezza", spiegano gli scienziati in un nuovo documento, guidato Max Callaghan, del Mercator Research Institute on Global Commons and Climate Change (MCC) in Germania. "Questa crescita esponenziale delle pubblicazioni scientifiche sui cambiamenti climatici, sottoposte a revisione paritaria, sta già spingendo al limite le valutazioni manuali degli esperti".
Questa lotta è il suo stesso problema: come possono gli esseri umani comprendere il cambiamento climatico, se la dimensione del problema sfida la nostra capacità di analizzarlo oggettivamente, misurarlo e comprenderlo?

Classificare gli studi scientifici can l'AI

Sembra paradossale ma questo team ha prodotto un nuovo documento per discutere un problema legato ad un eccesso di documenti!
Gli autori propongono l'Intelligenza Artificiale (AI), piuttosto che gli umani, per setacciare la montagna infinita e in continua espansione di studi dedicati alla scienza del clima. Loro lo hanno fatto utilizzando uno strumento di per l'analisi del linguaggio di deep learning chiamato BERT per identificare e classificando oltre 100.000 studi scientifici che descrivono in dettaglio gli impatti dei cambiamenti climatici.

Mentre Callaghan e colleghi riconoscono che le analisi automatizzate come questa non possono sostituire le attente valutazioni degli esperti umani, allo stesso tempo, il loro metodo può fare cose che semplicemente gli umani non possono fare. Come, per esempio, elaborare grandi quantità di dati, identificare una vasta gamma di diversi tipi di impatti climatici, mapparli in tutti i continenti e interpretarli nel contesto dei contributi antropici, delle tendenze storiche della temperatura e delle precipitazioni.

Attenzione ai falsi positivi

Dobbiamo stare attenti, però, mettono in guardia i ricercatori, perché analisi di apprendimento automatico come questa, specialmente su una scala così sbalorditiva, possono contenere falsi positivi e altri tipi di incertezze.
"Mentre le valutazioni tradizionali possono offrire immagini relativamente precise ma incomplete delle prove, il nostro approccio assistito dall'apprendimento automatico genera un'ampia mappa preliminare ma quantificabile incerta", si legge nel documento.

Risultati preoccupanti

L'AI ha già fornito delle stime allarmanti.
Secondo lo studio, l'80 percento della superficie terrestre globale (escluso l'Antartide) mostra già tendenze di temperatura e/o precipitazioni che possono essere attribuite almeno in parte all'influenza umana sul clima e questi impatti climatici toccano già circa l'85 percento della popolazione mondiale. Naturalmente, che il cambiamento climatico è un problema gigantesco lo sapevamo già ma ciò che l'algoritmo ha evidenziato è dove gli impatti climatici possono e non possono essere chiaramente individuati, in base a dove gli studi sono focalizzati geograficamente.

In altre parole, in luoghi come l'Europa occidentale, il Nord America e l'Asia meridionale e orientale, c'è molta sovrapposizione tra gli impatti sul mondo naturale e la ricerca sui contributi causati dall'uomo al cambiamento climatico. In altri luoghi, tuttavia, i collegamenti non sono così forti, ma forse solo perché, ironia della sorte, non c'è ancora abbastanza scienza del clima che esamina quelle regioni specifiche.

Questo "divario di attribuzione" è, secondo gli autori, dovuto alle caratteristiche geografiche (aree inospitali o scarsamente popolate) ed economiche (paesi a basso reddito significativamente meno studiati).
"In definitiva, speriamo che il nostro database globale, vivente, automatizzato e multiscala aiuti a dare il via a una serie di revisioni degli impatti del clima su particolari argomenti o particolari regioni geografiche", conclude il team.