Lo strumento SPHERE (Spectro-Polarimetric High-contrast Exoplanet REsearch), come tradisce il nome, era stato concepito per fotografare eso-pianeti giganti attorno ad altre stelle. Tuttavia, una volta installato sul telescopio Very Large Telescope (VLT) di ESO, all’osservatorio Paranal in Cile, è stato utilizzato per una quantità di studi anche in altri settori, svelando dettagli sorprendenti su una miriade di oggetti che neanche il telescopio spaziale Hubble era riuscito a risolvere. Molti di questi oggetti sono dentro il nostro sistema solare e, tra questi, ci sono gli asteroidi più grandi nelal fascia principale tra Marte e Giove.

 SPHERE è in realtà una vera e propria "suite" di strumenti ottimizzati su diverse lunghezze d'onda che vanno dal visibile (rosso) al vicino infrarosso; sono presenti anche un coronografo (per bloccare della stella centrale e fotografare pianeti e dischi protoplanetari attorno ad essa) e un polarimetro, per riuscire a discriminare la luce riflessa e polarizzata dei pianeti da quella non polarizzata della stella centrale. In particolare, il rivelatore ZIMPOL, sfruttando un'ottica adattiva estrema, riesce ad ottenere in luce visibile immagini molto migliori rispetto all'ottica adattiva usuale, raggiungendo una risoluzione tre volte migliore di quella del telescopio spaziale Hubble della NASA/ESA.

 Sfruttando questo eccezionale strumento, negli ultimi anni un gruppo di ricercatori guidati dal francese Pierre Vernazza sta passando in rassegna decine di corpi di dimensioni maggiori di 100 km nella fascia principale degli asteroidi. In tutto, ce ne sono circa 200 e si ritiene che si tratti, nella maggior parte dei casi, di oggetti "primordiali", ovvero nati insieme al sistema solare e sopravvissuti a impatti maggiori con i loro simili; si dovrebbe trattare di corpi compatti e uniformi, al contrario dei loro fratelli minori che si sarebbero formati in un secondo momento, come effetto dell'aggregazione di frammenti generati dalle collisioni tra i corpi originali e che hanno una natura di tipo "rubble-pile" (cumuli di macerie), altamente porosa.

 La bontà delle immagini fornita è dimostrata dal confronto proposto in apertura tra una immagine dell'asteroide 4 Vesta ripresa da SPHERE e un modello digitale ricavato dalle riprese ravvicinate fatte dalla sonda Dawn 8 anni fa.

 Per cominciare, due anni fa, vennero pubblicate queste 4 immagini di altrettanti asteroidi:

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Credits: ESO/Vernazza et al.

 In senso orario dall'alto a sinistra, gli asteroidi sono 29 Amphitrite324 Bamberga2 Pallas e 89 Julia. Chiamato in onore della dea greca Atena, Pallas misura circa 510 chilometri ed è quindi il terzo più grande asteroide nella fascia principale, solo leggermente più piccolo di Vesta e contenente circa il 7% della massa totale dell’intera fascia degli asteroidi. Julia è un terzo della dimensione di Pallas ed è classificato come asteroide di tipo S, come pure Amphitrite. Invece, Bamberga è uno dei più grossi asteroidi di tipo C, forse provenienti dal sistema solare esterno e quindi ricchi di materiali volatili e ghiaccio nel loro interno.

 Le quattro immagini che seguono, invece, si riferiscono all'asteroide 7 Iris, un oggetto di circa 200 km di diametro che mostra numerosi crateri da impatto (ce ne sono otto nell'emisfero meridionale, con diametri di decine di km) e una forma oblata che suggerisce una origine violenta, causata anch'essa da un impatto.

Iris

Credits: ESO/Vernazza et al.

  Per finire, pochi giorni fa è stata diffusa questa immagine dell'asteroide 10 Igea, dalla quale si deduce che esso soddisfa tre dei quattro requisiti per essere classificato come pianeta nano: orbita intorno al Sole, non è una luna e, a differenza di un pianeta, non ha ripulito la propria orbita. Il requisito finale è che abbia una massa sufficiente affinché la sua stessa gravità lo renda di forma approssimativamente sferica.

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Credits: ESO/P. Vernazza et al./MISTRAL algorithm (ONERA/CNRS)

 Come commenta lo stesso Vernazza, "Grazie alle capacità uniche dello strumento SPHERE sul VLT, uno dei sistemi più potenti al mondo per produrre immagini, siamo riusciti a risolvere la forma di Igea, che risulta essere quasi sferica; Igea può essere riclassificata come pianeta nano, finora il più piccolo nel Sistema Solare." In effetti, le osservazioni di SPHERE mostrano che Igea ha un diametro di poco superiore a 430 km, mentre Cerere (finora considerato il più piccolo pianeta nano) raggiunge circa i 950 km.

 Igea è il progenitore di una delle più grandi famiglie di asteroidi, con quasi 7000 membri tutti originati dallo stesso corpo. Gli astronomi si aspettavano che l'evento che ha portato alla formazione di questa numerosa famiglia avesse lasciato un segno ampio e profondo su Igea. Le osservazioni hanno invece rivelato che su Igea non c'è il grande cratere da impatto che ci si aspettava di vedere. "Questo risultato è stato una vera sorpresa, dal momento che ci aspettavamo la presenza di un grande bacino di impatto, come nel caso di Vesta", afferma Vernazza. Sebbene gli astronomi abbiano osservato più del 95% della superficie di Igea, sono stati in grado di identificare senza ambiguità solo due crateri. “Nessuno di questi due crateri avrebbe potuto essere causato dall'impatto che ha originato la famiglia di asteroidi Igea, il cui volume è paragonabile a quello di un oggetto delle dimensioni di 100 km. Sono troppo piccoli", spiega il coautore dello studio Miroslav Brož dell'Istituto Astronomico dell'Università Carolina di Praga, Repubblica Ceca.

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Credits: Ševeček/Charles University - ESO

 L'equipe ha deciso di indagare ulteriormente e, usando simulazioni numeriche, ha dedotto che la forma sferica di Igea e la grande famiglia di asteroidi sono probabilmente il risultato di una collisione frontale con un grande proiettile, di diametro compreso tra 75 e 150 km. Le simulazioni (di cui riportiamo un fotogramma qui sopra) mostrano che questo impatto violento, avvenuto circa 2 miliardi di anni fa, ha completamente distrutto il corpo originario. Igea si sarebbe formata dall'assemblaggio gravitazionale dei frammenti generati, assumendo la sua forma tondeggiante. "Una tale collisione tra due grandi corpi nella cintura degli asteroidi è unica negli ultimi 3-4 miliardi di anni", afferma P. Ševeček, che ha partecipato allo studio.

 Lo studio dettagliato degli asteroidi è stato possibile grazie non solo ai progressi nel calcolo numerico, ma anche a telescopi più potenti. "Grazie al VLT e allo strumento di ottica adattiva di nuova generazione SPHERE, stiamo ora producendo mappe degli asteroidi della cintura principale con una risoluzione senza precedenti, colmando il divario tra osservazioni da terra e missioni interplanetarie", conclude Vernazza.

 

Riferimenti:

https://www.eso.org/public/italy/news/eso1918/

https://www.eso.org/public/italy/images/potw1536a/

https://www.cieletespace.fr/actualites/le-vlt-detaille-une-montagne-sur-vesta

https://www.eso.org/public/italy/images/potw1749a/

https://www.lpi.usra.edu/sbag/meetings/jan2019/presentations/Wednesday-AM/Vernazza.pdf